Siamo all’interno di un nuovo anfiteatro che si aggiunge al “Parco delle sculture di Brufa“ che, nella sera di giovedì 25 Agosto, ha voluto prestarsi per la prima volta alla messa in scena di un’Opera, una tra le più rappresentate del repertorio Pucciniano “La Bohéme”, il celebre melodramma ispirato al romanzo dello scrittore francese Henry Murger, pubblicato nel 1851.
Le luci si spengono e l’orchestra sinfonica “città di Grosseto”, guidata dal maestro Massimo Merone, con le sue note ci trasporta in una fredda vigilia di Natale, in una squallida soffitta dei quartieri spagnoli parigini del 1830, notte in cui tra Rodolfo, interpretato da Rino Matafù e Mimì, interpretata dal soprano perugino Sarah Piccioni, complice una candela spenta e una chiave caduta nella buia soffitta, nasce quell’amore descritto con le note appassionate e la storia intensa scritta dai librettisti Illica e Giacosa.
Musetta era interpretata da Viola Sofia Nisio e Marcello, il pittore migliore amico di Rodolfo, era interpretato dal perugino Giulio Boschetti che, anche nella sera del 25 Agosto, si è contraddistinto confermando la bravura che lo sta portando in palchi internazionali.
Il passo si muove tra attimi di felicità, dolori, gelosie e goliardate di quattro giovani amici che sbarcano il lunario in cerca di fortuna: chi con la pittura, chi con la scrittura, chi con il canto… un classico clichè di giovani bohèmien parigini, squattrinati e belli, in cerca di gloria e di soldi per sbarcare giornate segnate dal freddo e dalla fame; epoca, quella nella quale è ambientata l’opera, in cui gli artisti sbarcavano il lunario tra miseria e spensieratezza, tanto da diventare un vero e proprio stile rappresentativo del periodo.
Quattro quadri che segnano il tempo e rivoluzionano l’opera, il primo dove scocca la scintilla nella fredda soffitta, il secondo dove il coro lirico dell’Umbria ci fa rivivere le voci di un quartiere popolare e popoloso; il terzo nella barriera d’Enfer in un cabaret dove Marcello lavora e poi il quarto… dove tutto si consuma dove tutto finisce, tornando nella gelida soffitta con l’epilogo tragico al quale Puccini destina quasi tutte le sue eroine.
Sonia Lustrino